30.11.11

28.11.2011 - Rudolf Hilferding, Il capitale finanziario (Mimesis, Eterotopie, ITA)


«La caratteristica del capitalismo moderno è data da quei processi di concentrazione che si manifestano nel superamento della libera concorrenza e nel rapporto sempre più stretto fra capitale bancario e capitale industriale, in virtù del quale il capitale assume la forma di capitale finanziario». Con queste parole, Rudolf Hilferding annunciava cent’anni fa la sua opera più importante, che rivelava gli arcani del potere della finanza sulla totalità dei processi sociali. A un secolo di distanza, di fronte al fallimento della teoria economica dominante nell’interpretazione e nella cura della Grande Contrazione, è giunto il momento di riscoprire Hilferding. La sua penetrante analisi del denaro, del credito, della società per azioni e della borsa fornisce al lettore contemporaneo le coordinate basilari per indagare sulle determinanti degli odierni processi di concentrazione finanziaria e delle attuali crisi economiche, e offre spunti fecondi per una nuova teoria generale dei meccanismi di riproduzione e crisi del capitale, dello stato e della lotta tra le classi e tra le nazioni per la conquista del potere. Un libro che annoda i fili di una riflessione partita da Marx sulle contraddizioni di un sistema in cui i rapporti tra uomini sono celati dietro rapporti tra cose e il cui nesso costitutivo ha assunto la forma di «un misterioso oggetto la cui ingannevole luce abbaglia tuttora la vista degli economisti, che non si sono ancora decisi a chiudere gli occhi di fronte al suo splendore».


Rudolf Hilferding (1877-1941), economista e uomo politico austriaco, fu esponente di spicco del marxismo teorico, del Partito socialdemocratico tedesco e ministro delle Finanze della Repubblica di Weimar. All’avvento del nazismo, riparò in Francia, dove fu catturato dal governo collaborazionista di Vichy mentre si accingeva a fuggire negli Stati Uniti. Torturato dalla Gestapo, morì in carcere in circostanze mai chiarite.